venerdì 2 marzo 2012

Valorizzare la professione docente




Fin dalla sua nascita Scuola Democratica sostiene che l'unica vera riforma scolastica da completare in Italia consiste nel valorizzare la professione docente innalzando i livelli retributivi connessi all'altissima responsabilità formativa che tale funzione implica.
Nel 1999 Scuola Democratica ha pubblicato un documento sull'argomento che ci sembra più che mai attuale, considerando il fatto che, come abbiamo sottolineato in numerosi post precedenti, i più autorevoli studi internazionali confermano la stretta correlazione tra retribuzione dei docenti, qualità dell'istruzione, efficacia del sistema scolastico e crescita complessiva della qualità della vita di una nazione.
Ora uno studio dell'Ocse sui dati Pisa 2009 conferma che "se i docenti sono meglio retribuiti e più motivati anche gli allievi hanno prestazioni soddisfacenti" (La Repubblica).
Chissà se l'attuale governo Monti (con il suo ministro Profumo), questo governo di "professori" che paradossalmente si sta dimostrando piuttosto insensibile ai problemi della cultura e della scuola e sembra seguire, nelle sue decisioni, teorie economiche piuttosto antiquate, screditate e sicuramente dannose, si deciderà a prendere in considerazione questi argomenti?

2 commenti:

  1. Il governo Monti - come giustamente si dice - non pare tenere molto in considerazione la cultura in generale e l'istruzione pubblica (che ad essa è strettamente connessa). Un segnale forte di vero cambiamento in senso positivo sarebbe proprio valorizzare la professione docente, da troppo tempo trascurata, riconoscendone l'importante funzione formativa. Da qui dovrebbe partire una vera riforma degna di questo nome, ma temo che non ci sia la volontà di farlo...
    Mauro Germani
    Questo sì

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  2. Caro Mauro,
    fin dal 1999 abbiamo pubblicato un documento che proponeva come punto nodale di una vera riforma per la valorizzazione del sistema formativo pubblico una serie di modifiche allo status giuridico e alla retribuzione degli insegnanti, che già allora risultavano sottopagati rispetto alla media europea e alla media Ocse, con i facilmente intuibili effetti di svilire la professione, allontanando da essa molti potenziali ottimi insegnanti. Ora c'è da augurarsi che i frequenti interventi dell'Ocse sul tema producano almeno un briciolo d'attenzione in più alla questione, che non è di carattere sindacale, o peggio corporativo, ma riguarda l'importanza di un ruolo chiave nella costrzuione dell'Italia futura, che altrimenti rischia di essere sempre meno aperta sul piano culturale e, di conseguenza, sempre più classista e ingiusta. A presto, Angelo Conforti

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