sabato 26 ottobre 2013

Compensi del servizio pubblico e spesa pubblica







Come si fa a ridurre la spesa pubblica in Italia? La ricetta del governo è semplice: si bloccano le retribuzioni dei dipendenti pubblici, tra cui gli insegnanti, ma non quelle dei politici o i compensi dei dipendenti della Rai, per esempio. Il nuovo slogan propagandistico è: mettere al centro il lavoro, ma forse quello dei dipendenti pubblici non è lavoro per i nostri governanti!
Le retribuzioni dei professori della scuola pubblica italiana sono le più basse della media Ocse. Inoltre ora, per effetto di una serie di leggi finanziarie, sono bloccate da sei anni e lo saranno ancora fino al 2017. Già adesso hanno perso circa 4.000 euro all'anno.
Per fortuna il governo attuale ha sbandierato la necessità di elevare il potere d'acquisto dei lavoratori. Forse, allora, i professori non sono considerati lavoratori dal governo? Forse il governo ignora che, oltre a svolgere l'unica attività davvero utile a far crescere il Paese (come confermano tutte le inchieste di organismi internazionali molto autorevoli), sono anche tra i pochi lavoratori a pagare tutte le imposte più gravose del mondo?
L'unico modo per ridurre la spesa pubblica è quello di bloccare i rinnovi contrattuali degli insegnanti, azzerare l'indennità di vacanza contrattuale e interrompere l'automatismo dell'anzianità?
Invece i compensi della Tv pubblica a pseudo-giornalisti come Bruno Vespa (contratto triennale di 6 milioni e 300 mila) o Fabio Fazio (contratto triennale di oltre 5 milioni) o Giovanni Floris (non si sa ancora), e altri, non costituiscono oggetto di possibile intervento per ridurre le spese? Evidentemente questi "professori", che danno un grande contributo nel rendere i cittadini italiani sempre più ignoranti (i più ignoranti del mondo, dicono i dati, grazie soprattutto a 30 anni di Tv ormai tutta formato Mediaset) e che hanno come unico argomento ormai da oltre 20 anni il padrone di Mediaset, sono ritenuti funzionali a mantenere in vita un ceto politico che spende per se stesso cifre doppie o triple rispetto a entità politiche molto più importanti come gli stessi Stati Uniti, ad esempio.


mercoledì 9 ottobre 2013

Italiani analfabeti (scuola e televisione)

Nel 1995, Scuola Democratica, non ancora blog, su mezzi di comunicazione tradizionali scriveva: «La nuova classe dirigente deve agire in fretta se vuole ricondurre l’Italia nel novero dei paesi civili e democratici: investire nella scuola ingenti risorse finanziarie; valorizzare le risorse umane e professionali che già esistono, riconoscendole con adeguate retribuzioni e opportuni incentivi; potenziare e diversificare le offerte formative, trasformando tutti gli istituti scolastici in luoghi accoglienti e in centri di crescita umana, personale e sociale. […] Non ci sono vie di mezzo: l’alternativa è il sottosviluppo, il degrado, l’umiliante impoverimento culturale che l’omologazione pantelevisiva rappresenta». A quasi vent'anni di distanza i risultati di quella facile profezia sono certificati dagli ultimi dati dell'Indagine PIAAC (Programme for the international assessment of adult competencies) dell'Ocse che vede gli italiani, dopo 30 anni di strapotere della sottocultura televisiva commerciale monopolistica, che ha invaso (per note ragioni politico-economiche) anche il servizio pubblico, plasmandolo a propria immagine e somiglianza, all'ultimo posto su 24 Paesi nelle competenze di comprensione di testi complessi (la "literacy proficiency"), di interpretazioni di grafici, tabelle e dati numerici (la "numeracy proficiency"). Inoltre si trovano in difficoltà anche nell'utilizzo delle nuove tecnologie digitali. L’approvazione della legge 112/2004 “Norme di principio in materia di assetto del sistema radiotelevisivo e della RAI - Radiotelevisione italiana S.p.A., nonché delega al Governo per l'emanazione del testo unico della radiotelevisione”, la cosiddetta legge Gasparri, ha istituito il Sistema integrato delle Comunicazioni, legalizzando il monopolio televisivo privato. La legge n. 169/2008 che ha riordinato tutto il sistema scolastico (cosiddetta riforma Gelmini), con il supporto finanziario dell'art. 64 della legge 133/2008 (cosiddetta legge Tremonti), hanno ridotto le risorse per la scuola pubblica di 8 miliardi, aumentando il numero di studenti per classe, sopprimendo 90.000 cattedre, abolendo o riducendo alcune materie. L'interazione di queste vere e proprie controriforme ha certo molto contribuito ad aumentare la tendenza all'analfabetismo di ritorno degli italiani, che non a caso sono in testa anche al consumo di televisione, con tendenza all'aumento, proprio mentre stanno molto meno a scuola, per non dire dei cosiddetti Neet, che né studiano né lavorano.