mercoledì 17 febbraio 2010


La trasmissione sulla scuola di domenica 14 febbraio su Rai Tre ha messo in evidenza alcuni aspetti fortemente negativi delle politiche scolastiche di questo Paese in grave declino. Scuola Democratica, libera associazione di insegnanti per una scuola pubblica, laica e pluralista, da anni denuncia le politiche «scientificamente» finalizzate al degrado del sistema formativo italiano.
Tra gli argomenti trattati nella trasmissione citata, vogliamo in quest’occasione soffermarci in particolare sul tema delle politiche per il «diritto allo studio» attuate dalla Regione Lombardia.
Il governo regionale lombardo, guidato da Roberto Formigoni, PDL e CL, applica il regime cosiddetto del «buono scuola». In sostanza si tratta di questo:
1. Alle famiglie che iscrivono i loro figli alla scuola pubblica viene erogato un contributo sulla base della presentazione dell’ISEE, indicatore della situazione economica equivalente, che tiene conto di reddito, patrimonio (mobiliare e immobiliare) e delle caratteristiche di un nucleo familiare (per numerosità e tipologia): limite massimo di 15.000 euro circa;
2. Alle famiglie che iscrivono i loro figli alla scuola privata paritaria viene erogato un contributo sulla base della presentazione di un’autocertificazione che tiene conto solo del reddito e non del patrimonio: limite massimo di 46.000 euro circa, il triplo del limite ISEE.
Secondo la nostra valutazione, tralasciando i commenti che si fanno da sé, questo sistema serve essenzialmente ad incoraggiare le iscrizioni alle scuole private paritarie rispetto alle scuole pubbliche.
Bisogna anche tenere conto del fatto che laddove vi siano scuole private paritarie che ospitano determinati indirizzi di studio, non si possono aprire indirizzi simili in scuole pubbliche.
Quali sono le conseguenze di tutto questo:
1. Gli studenti di una città dove esiste, per esempio, un liceo linguistico privato e che vogliono iscriversi ad un liceo linguistico pubblico dovranno o accettare di frequentare la scuola privata o fare diversi kilometri per aver diritto a frequentare la scuola pubblica. Strano modo di garantire il diritto allo studio!
2. Le scuole private paritarie assumono i docenti non sulla base di graduatorie che tengano conto del merito, dei carichi familiari, dell’età, ecc., ma solo sulla base delle conoscenze, dei rapporti familiari, delle parentele, delle appartenenze ideologiche, delle amicizie. Questo sistema fa venire in mente un aggettivo che il lettore sarà sicuramente in grado di intuire. Ma soprattutto quanto più si potenziano le scuole private, come fa la giunta Formigoni, tanto più verranno assunti insegnanti col sistema di cui sopra e tanto più verranno sottratti posti di lavoro a tutti quegli insegnanti che hanno maturato diritti nella scuola pubblica e che possono contare solo sulle loro capacità, spesso notevoli, ma non su parentele, conoscenze e amicizie. Anche questo è un ottimo modo per tutelare i diritti dei cittadini!
3. Le scuole private paritarie non sono obbligate ad accogliere studenti diversamente abili e non accolgono di norma studenti stranieri: si troverebbero a disagio nel mondo della borghesia medio-alta lombarda, dove si organizzano a scuola certi tipi di feste, ci si abbiglia in un certo modo, ecc. (così in Tv una preside di istituto paritario!).
4. I fondi erogati dalla Regione Lombardia sono denaro pubblico, denaro dei cittadini, che viene dirottato preferibilmente a favore di alcuni cittadini privilegiati che dispongono già di un reddito medio-alto. Ricordiamo che sulla base dell’articolo 33 della Costituzione della Repubblica italiana «Enti e privati hanno il diritto di istituire scuole ed istituti di educazione, senza oneri per lo Stato», cioè senza oneri per i cittadini (lo Stato sono i cittadini): in buona sostanza, chi vuole iscrivere un figlio ad una scuola privata se la paga con i propri soldi, non con quelli degli altri.
5. Secondo il rapporto Eurispes 2010, lo spostamento degli studenti da scuole pubbliche a scuole private produce un abbassamento complessivo della qualità dell’istruzione e contribuisce al declino generale del Paese, «immobile, privo di idee e progetti». Riassume bene la situazione l’articolo de La Repubblica del 29 gennaio 2010: «Scuole meno complicate per sfuggire al recupero dei debiti. I giovani italiani “fuggono i licei pubblici” e si dirigono nelle scuole private, istituti “più facili da cui uscire più in fretta”. A preferire le non-statali sono infatti gli alunni rimandati nelle scuole superiori. Cade anche il mito della scuola “privata e quindi costosa” perché - spiega il rapporto - oltre ai contributi statali, le scuole private ricevono spesso dei contributi erogati singolarmente dalle regioni e dalle amministrazioni locali. Ciò renderebbe meno onerose le somme di denaro richieste ai genitori per iscrivere i propri figli nelle scuole non statali e ne facilitano, quindi, l’ingresso».
Per concludere, dato che ci avviciniamo alle elezioni regionali, facciamo un appello ai cittadini affinché riflettano attentamente, anche e soprattutto in occasione del voto, sulle conseguenze anti-democratiche di un sistema fondato esclusivamente sul mantenimento e sul rafforzamento dei privilegi, sulla prevaricazione dei diritti, sul riaffermarsi di un sistema feudale travestito da modernizzazione, ma il cui risultato è l’arretramento complessivo della società, la distruzione dello stato di diritto, la demolizione della res publica, la degenerazione dei rapporti sociali e tutto quanto di peggio si possa immaginare per il futuro dell’Italia e delle giovani generazioni in particolare (a parte, è ovvio, gli appartenenti alle «famiglie»).