venerdì 7 dicembre 2012

Scuola pubblica = Bene comune



Se si fosse abrogato l'articolo 64 della Legge 133/2008 ora la scuola pubblica non sarebbe in questa situazione.
Vista l'incapacità della classe dirigente politica e forse anche sindacale italiana di comprendere l'importanza della scuola pubblica per lo sviluppo intelligente e compatibile del Paese, è molto probabile che soltanto la costituzione di Comitati per istituire referendum abrogativi di tutti gli articoli di legge che sottraggono risorse alla scuola pubblica sia l'unica possibilità di salvare la democrazia sostanziale e il futuro delle giovani generazioni in Italia, che ha conosciuto negli ultimi trent'anni un declino culturale ed economico con ben pochi precedenti nella storia.

giovedì 6 dicembre 2012

Referendum abrogativi per salvare la scuola pubblica


Proponiamo la costituzione di comitati per organizzare referendum abrogativi di tutti gli articoli di legge che tolgono risorse alla scuola pubblica, aumentano il numero di studenti per classe, riducono posti di lavoro, aboliscono il sostegno, sopprimono il diritto allo studio: 

Scuola pubblica = Bene comune

venerdì 30 novembre 2012

Monti e la scuola: due mondi opposti


Chissà se il premier finlandese si sognerebbe mai di dire che i professori sono degli scansafatiche, o più educatamente "conservatori" e "corporativi". O se il presidente sudcoreano potrebbe mai accusare i suoi docenti di "indisponibilità". A leggere i risultati di un rapporto mondiale del gruppo Pearson, marchio leader nel campo dell' education, verrebbe da pensare che no, in quei paesi chi guida l' esecutivo mai si permetterebbe di apostrofare così la classe degli insegnanti. E per una ragione molto semplice. Sia Finlandia che Sud Corea sono le due "superpotenze" dell' istruzione nel mondo. E occupano i primi due posti dell' eccellenza internazionale proprio perché tengono in grande considerazione i loro docenti. Che sono giudicati persone importanti, professionisti riveriti al pari di medici e avvocati, figure insostituibili per la formazione delle giovani generazioni, e dunque colonne portanti dell' organizzazione sociale e della crescita economica. No, è difficile che gli venga chiesto ex abrupto di aumentare di un terzo le ore frontali in aula (il che significa ore di lavoro in più anche a casa), sempre con la stessa retribuzione. Ed è impossibile che - se protestano - il primo ministro li liquidi con una battuta in televisione. (Simonetta Fiori, La Repubblica, 27/11/2012).

lunedì 15 ottobre 2012

Per una scuola democratica

Sulla base del presupposto, ampiamente dimostrato da molti studi e ricerche, nonché dai dati dell'Ocse, secondo cui 
  1. aumentare la retribuzione dei docenti della scuola pubblica è il mezzo migliore per incentivare la qualità della scuola;
  2. un miglior livello di istruzione è un fattore di sviluppo, innovazione e competitività economica;
  3. la strada più rapida per uscire da una crisi economica è potenziare cultura, conoscenza e formazione;
a fronte delle gravissime tendenze in atto nella società e nel governo atte a proseguire nello smantellamanto dell'istruzione pubblica e nella svalutazione della professione dell'insegnamento, già avviate dai governi e dai ministri precedenti;

riproponiamo, con alcuni aggiustamenti, il documento che avevamo elaborato nel 1999 sulla valorizzazione della funzione docente. Si tratta di una b0zza su cui aprire la discussione per affrontare casi particolari, dettagli, precisazioni, ma una bozza che si fonda su due punti a nostro parere irrinunciabili.



Il PRIMO PASSO dovrebbe essere il riconoscimento giuridico e la formalizzazione contrattuale di tale professione (completamente assente dal CCNL vigente). Ciò significa  inanzitutto pervenire ad un'adeguata quantificazione giuridicamente e contrattualmente definita della funzione e delle modalità organizzative in cui si esplica. Proponiamo:
  • orario di servizio di 36 ore per i docenti che scelgono il tempo pieno, così suddivise:
    • diciotto ore di didattica (che sono le sole attualmente retribuite, mentre il resto, fumosamente determinato sotto la voce giuridicamente discutibile "obblighi di servizio", continua ad aumentare di anno in anno).
    • diciotto ore di altre attività istituzionali riconosciute e retribuite:
      • alcune di queste saranno da trascorrere a scuola la mattina e/o il pomeriggio in orari indicati dal docente o concordati con gli altri interessati (es.: progettazione di percorsi formativi, programmazione collegiale, valutazioni quadrimestrali e finali, dialogo con le famiglie, uscite didattiche, recupero, integrazione, ecc.);
      • altre potranno essere svolte liberamente in altri luoghi (es.: programmazione individuale, valutazione elaborati, ricerca, aggiornamento, ecc.).
Dato che sull'argomento c'è molta confusione (orario di lezione confuso con l'orario di lavoro), occorre precisare con molta chiarezza che:
  • buona parte dei docenti già svolgono di fatto il tempo pieno, anche se questo evidente dato (del resto, richiesto a chiare lettere dal CCNL) non è per nulla riconosciuto e quantificato giuridicamente né tantomeno economicamente retribuito;
  • non solo; essi sono i protagonisti principali, con la loro dedizione, di tutte le innovazioni che hanno in questi ultimi anni modificato profondamente il sistema formativo pubblico italiano, elevandolo già ora ad un notevole livello qualitativo;
  • ancora, negli ultimi anni gli impegni connessi allo svolgimento della funzione docente sono esponenzialmente aumentati;
    • rimandiamo su tali argomenti (orario effettivo di lavoro in costante aumento e rapporto inversamente proporzionale con la retribuzione) ad un intervento fondamentale in materia, non certo di parte: l'articolo "Tutte le voci che compongono la busta paga dell'insegnante" di Domenico Cucchetti, pubblicato sul supplemento "L'esperto risponde" n. 94 de Il Sole - 24 ore del 1993 (dati ripresi in seguito da molte altre pubblicazioni);
    • rimandiamo anche (sull'esigenza improrogabile di aumentare le retribuzioni degli insegnanti in ragione di quanto sopra) all'intervento dell'allora ministro della Pubblica Istruzione, Giancarlo Lombardi, apparso il 28 dicembre 1995 sul Corriere della sera con il titolo "Salari più alti ai docenti - la scuola rischia l'agonia" (tema ripreso e sviluppato da molti altri studiosi dei sistemi formativi);
  • le attività suelencate NON sono da introdurre; esse sono già svolte, come conferma anche il profilo professionale contrattualmente richiesto dalla normativa contrattuale vigente;
  • ciò che invece il contratto dovrebbe formalmente riconoscere è il fatto che l'orario di servizio del docente è di 36 ore (si tratta di una formale media al ribasso: molti di noi fanno anche 50-60 ore a settimana) e che la retribuzione deve essere comparata a tale orario effettivo di servizio.
Proponiamo inoltre l'istituzione di un orario a tempo parziale che si configuri sulla base della specificità della professione e potrebbe essere organizzato in questo modo:
  • nove ore di didattica;
  • nove ore di altre attività istituzionali riconosciute e retribuite:
    • alcune di queste saranno da trascorrere a scuola la mattina e/o il pomeriggio in orari indicati dal docente o concordati con gli altri interessati (es.: progettazione di percorsi formativi, programmazione collegiale, valutazioni quadrimestrali e finali, dialogo con le famiglie, uscite didattiche, recupero, integrazione, ecc.);
    • altre potranno essere svolte liberamente in altri luoghi (es.: programmazione individuale, valutazione elaborati, ricerca, aggiornamento, ecc.).
Naturalmente, tale orario di servizio dovrebbe essere reso obbligatorio per chi svolge la libera professione per rispondere alla duplice esigenza di non privarsi, da un lato, del prezioso apporto di tali professionisti e di non creare, d'altro canto, una sottocategoria di docenti impegnati a mezzo servizio che per evidenti motivi non possono dedicare il loro tempo a tutte le attività connesse e funzionali all'insegnamento (e altrettanto irrinunciabili) di una cattedra a tempo pieno.

In SECONDO LUOGO, occorre procedere ad una maggiorazione retributiva generalizzata per tutti i docenti con contratto a tempo indeterminato che abbiano superato il periodo di prova e scelgano l'orario di servizio a tempo pieno, con adeguamento agli standard europei, come risultano dalle tabelle allegate:
 





  • tendenzialmente tale retribuzione dovrà essere pari circa al 30% in più rispetto a quella attuale per tutte le posizioni stipendiali, al fine di adeguare la retribuzione degli insegnanti italiani agli standard europei;
    • tale maggiorazione retributiva realisticamente potrebbe andare a regime entro la scadenza del prossimo CCNL;
    • contestualmente, entro la stessa data si dovrà provvedere alla graduale estinzione di quelli che eufemisticamente sono definiti compensi delle attività aggiuntive, la cui soppressione è auspicabile poiché si configura come un vero monstrum giuridico offensivo per la categoria:
      • evidentemente ciò di cui auspichiamo la soppressione è il cosiddetto "Fondo dell'istituzione scolastica", dietro cui si nasconde un profilo di illegittimità: si tratta molto semplicemente di pagamento a cottimo, a prezzo da manodopera a bassissimo costo e superdequalificata, di attività che il docente già svolge (anche perchè fanno parte del suo profilo professionale), ma che non sono adeguatamente retribuite, non configurano progressione economica, non sono pensionabili, ecc.; beh! il nostro modesto parere è che qui ci troviamo in un campo molto delicato, di violazione dei diritti dei lavoratori, di violazione degli stessi diritti umani, con il consenso (questo è davvero sconcertante) degli stessi rappresentanti sindacali, che di quei diritti dovrebbero essere i difensori;
      • ad onor del vero va detto che il "Fondo di incentivazione" fu introdotto come strumento transitorio per arrivare all'istituzionalizzazione contrattuale di un compenso accessorio per i docenti, che avrebbe dovuto avere ben altre caratteristiche di quelle che ora possiede il "Fondo"; ma si trattò di promesse che non hanno mai avuto attuazione;
  • altrettanto realisticamente a decorrere dal periodo di validità del prossimo contratto di categoria (da rinnovare subito) dovrebbe essere possibile reperire le risorse per destinare ai succitati docenti (con contratto a tempo indeterminato che abbiano superato il periodo di prova e scelgano l'orario di servizio a tempo pieno) una maggiorazione retributiva pari a circa un terzo dell'adeguamento agli standard europei (cioè il 10% in più dell'attuale retribuzione):
    • nella fase transitoria potrebbero essere soppressi i  "lauti" compensi relativi alle attività funzionali all'insegnamento; tali attività infatti devono essere retribuite in modo giuridicamente più corretto, con la maggiorazione retributiva da noi proposta;
    • dovrebbero invece essere mantenuti nella stessa fase, finché le nuove retribuzioni non siano a regime, i  compensi relativi alle attività aggiuntive di insegnamento (corsi di recupero, ecc.);
      • tutti gli insegnanti che scelgono il tempo parziale potrebbero godere dell'attuale retribuzione con orario e tempo-cattedra dimezzati;
      • per i docenti nell'anno di prova e per i docenti con contratto a tempo determinato si potrebbe studiare una maggiorazione retributiva più contenuta, o in alternativa mantenere in vigore tutti i compensi per le attività aggiuntive di qualsiasi tipo.

Post scriptum.
Obiettare che c'è la crisi, che non ci sono risorse, che altre categorie stanno peggio è del tutto fuori luogo. Le risorse ci sono, il fatto è che vengono sistematicamente occultate o sprecate, con l'evasione e l'elusione fiscale, con la corruzione e con la criminalità organizzata.
Inoltre, proprio nel settore pubblico vi sono retribuzioni (in primis, tra i funzionari pubblici, gli amministratori, i politici, ecc.) che creano notevoli diseguagliaze e intaccano l'essenza stessa della democrazia  e dello stato di diritto. Il nesso tra democrazia ed equità delle retribuzioni lo ha spiegato bene Nadia Urbinati in un intervento molto importante su La Repubblica.
Infine, la nostra proposta servirà precisamente a risolvere la crisi con misure davvero efficaci, innescando un circolo virtuoso ("Niente cultura, niente sviluppo" ha giustamente scritto qualche tempo fa Il Sole /24 Ore, ribadendo il concetto in altri interessanti articoli), che non si può certo ottenere con politiche recessive che inseguono la crisi e non ne raggiungono mai la fine, come Achille con la tartaruga nel paradosso di Zenone.

sabato 13 ottobre 2012

L'ultima geniale trovata del ministro Profumo



Il ministro Profumo ci tiene proprio a lasciar il segno, il più negativo possibile, sul sistema scolastico italiano.
E così, oltre a tentare di modificare per legge un libero contratto tra parti, dimostra un'abissale ignoranza su quel mondo dell'istruzione su cui ha la competenza, sia pur provvisoria, di governare. La sua confusione mentale sul tema "orario di lavoro" è totale e forse è meglio così. L'altra possibilità, infatti, è che sia in malafede, che voglia deliberatamente distruggere, come già avevan fatto altri suoi predecessori, uno dei pochi baluardi della democrazia in Italia.
Vorremmo chiarirgli le idee con una tabella, in cui sono raffigurati i reali impegni di lavoro dei docenti della scuola pubblica italiana che hanno un orario di cattedra (cioè di lezioni di fronte alle classi) di 18 ore. Ma le ore di cattedra includono altri obblighi di servizio connessi, relativi a programmazione, progettazione, verifica e valutazione, rapporti scuola/famiglia, e altro ancora. Ripetiamo, la tabella è una media ponderata, che distribuisce su una ipotetica settimana-tipo, impegni che possono essere molto concentrati in certe settimane, più diluiti in altre, o apparentemente molto rarefatti in certe settimane di sospensione dell'attività didattica (cioè delle lezioni), il che non implica l'inattività dei proff.


 Come si evince dalla tabella il totale medio (di un prof medio) di ore di lavoro settimanali è pari a circa 66 ore, per un totale annuo di 2640, se, per comodità di calcolo, si moltiplica la media settimanale per le 40 settimane (200 giorni) di attività didattica. Ora però, se proviamo a dividere le 2640 ore medie annue per le 52 settimane dell'anno otteniamo una media settimanale di 50 ore di lavoro. Il che, lo ripetiamo, perché dobbiam esser chiari, dato che abbiamo a che fare con personaggi che della scuola dimostrano di non saper nulla, significa che un prof italiano medio della scuola pubblica lavora 50 ore a settimana per tutto l'anno, comprese le presunte ferie, comprese le presunte settimane di sospensione dell'attività didattica, NON 18.
Quindi la fesseria che i proff dovranno "lavorare" di più gratis, cioè passare da 18 ore di lavoro a 24 ore di lavoro, senza stipendio aggiuntivo, è un'affermazione (e un' intenzione) di una demenza senza limiti. 18 sono le ore di lezione, quelle di lavoro medie sono 66, 50 medie per tutto l'anno. 24 ore di lezioni corrisponderebbero a 88 ore settimanali circa (di cui 22 gratis), 3520 in un anno, di cui 880 gratis. E tutto per un "contributo di generosità" della scuola! Quella stessa scuola pubblica cui sono state tolte risorse finanziarie dell'80% e oltre negli ultimi dieci anni. Per "generosità" di quei proff che hanno il blocco degli stipendi e degli scatti di anzianità chissà per quanti anni ancora. 
Senza mai dimenticare il fatto che i Paesi che si sviluppano sono quelli che investono sull'istruzione, pagano alte retribuzioni ai docenti e ne valorizzano la professionalità. NON  i Paesi che pagano alte retribuzioni ai politici, ivi inclusi i 17.000 euro al mese che vengono pagati al ministro stesso.

venerdì 21 settembre 2012

Il "concorsone" e il gioco delle tre carte


 In un'Italia che avrebbe più che mai bisogno di un nuovo Umanesimo e di una visione filosofica della crisi, ma è governata da economisti e finanzieri, il ministro dell'istruzione Profumo, un ingegnere elettrotecnico con un curriculum di altissimo profilo, il classico personaggio che siede in tanti consigli di amministrazione, che sembra essere un esperto di ricerca scientifica e tecnica (e solo quella, forse), dimostra, da buon ingegnere, una straordinaria incompetenza nel campo filosofico, pedagogico e didattico. Infatti, non rassegnandosi a non lasciar il segno, pur non essendo stato eletto da nessuno, ha deciso di bandire un concorso per l'assunzione di nuovi docenti, che, riproponendo in gran parte le folli idee che già aveva partorito il ministro di Prodi, Luigi Berlinguer, nel 1999, rispolvera pazzesche concezioni del reclutamento dei docenti e dell'accertamento delle competenze didattiche che farebbero contemporaneamente ridere e piangere tutti i pedagogisti della storia della civiltà umana.
Non bastasse questo, il concorso presenta profili di illegittimità sconcertanti, che fanno sembrare lo Stato italiano uno di quei furfantelli che, nei confronti dei cittadini, praticano il gioco delle tre carte, cambiando di nuovo, pur senza averne alcun titolo, le regole per l'assunzione dei docenti e annullando, quasi di colpo, le regole precedenti.
  1. Si tratta di un concorso a cattedre, non abilitante, quindi anche chi risultasse idoneo, ma non vincitore di cattedra, non conseguirebbe l'abilitazione.
  2. Ma soprattutto azzera tutte le graduatorie precedenti: ciò significa che:
  •  chi ha ottenuto l'abilitazione in concorsi precedenti ed è in "lista d'attesa" per l'assunzione non ha più diritto a entrare in ruolo, se non partecipa al concorso e non si piazza in posizione utile;
  • riserva la stesa sorte per chi ha conseguito una o due o più abilitazioni e magari anche qualche specializzazione nelle precedenti SSIS;
  • considera pressoché nulla l'esperienza professionale maturata da quei precari, tutti o quasi già pluriabilitati, che hanno avuto supplenze o incarichi annuali negli ultimi anni.
La frettolosa abolizione delle SSIS, che si fondavano sul giusto principio del tirocinio, e la riproposizione di un concorso che prevede procedure (come il "quizzone" a risposta multipla o la lezione simulata) a dir poco grottesche per chi conosce la professione docente, si rivela l'ennesimo imbroglio dello Stato italiano nei confronti dei propri cittadini.

mercoledì 12 settembre 2012

La deriva culturale ed economica dell'Italia


La deriva culturale ed economica dell'Italia non si arresta ed è destinata a peggiorare, poiché le politiche del governo cosiddetto tecnico sono depressive ed autolesioniste sia sul piano politico che su quello strettamente economico. Modestamente stiamo cercando da tempo di fare i castigatori delle idee sbagliate, come dice di sé il docente di Princeton Paul Krugman (nella foto), uno dei più grandi economisti di oggi, candidato, per fortuna, se Obama dovesse esser rieletto, a guidare la politica economica USA in futuro.
Krugman è, come umilmente cerchiamo di essere anche noi dall'inizio della nostra attività, un keynesiano convinto, fautore di un altro New Deal, che comporti, tra l'altro, grandi investimenti nell'istruzione e l'assunzione di insegnanti. 
Purtroppo il nostro governo, paradossalmente sostenuto da partiti che hanno idee opposte, si muove in direzione contraria e, dimostrando di essere totalmente incompetente anche sul piano tecnico, ignora l'insegnamento della storia degli ultimi cent'anni e corre dietro alla crisi, facendola andare ancora più veloce, sicché, come Achille, non raggiungerà mai la tartaruga.
Le cifre dell'OCSE confermano che l'Italia sta precipitando sempre più in basso: trentunesima su 32 Paesi negli investimenti sull'istruzione, paga i più bassi stupendi del mondo agli insegnanti, ha una percentuale di laureati che è la metà della media Ocse (15% contro 31%) e il maggior numero di giovani che non studiano né lavorano.
Una situazione tragica che l'attuale governo intende ulteriormente peggiorare con la revisione della spesa pubblica, manovra finanziaria mascherata, e con la totale assenza di investimenti nei settori che producono sviluppo, come appunto l'istruzione e la formazione.
Per documentarsi si possono leggere su Repubblica.it:

venerdì 8 giugno 2012

Marzano contro Profumo


Continua l'importante dibattito sul tema del merito nella scuola, sollevato dalla proposta devastante del ministro Profumo. 
Oggi su La Repubblica interviene anche Michela Marzano con un interessante articolo dal titolo "Che cosa significa l'eccellenza a scuola" che da domani sarà disponibile anche online nell'archivio gratuito.

mercoledì 6 giugno 2012

Urbinati contro Profumo


Dopo l'intervento di Asor Rosa pubblicato ieri su La Repubblica. oggi sullo stesso quotidiano anche Nadia Urbinati interviene con una serie di considerazioni critiche sulla presunta riforma meritocratica proposta dal ministro Profumo. L'articolo è molto interessante e può essere letto già oggi stesso sulla rassegna stampa della CGIL.
Da tempo Scuola Democratica sostiene che per avere un maggior numero di studenti preparati occorre allargare il più possibile la base della piramide sociale di chi accede ai più alti livelli di scolarizzazione, investendo risorse finanziarie già a partire dalla scuola primaria aperta a tutti.
Non è necessario citare grandi pedagogisti per capire che le concezioni selettive sono antiquate e controproducenti. E' sufficiente citare Mario Draghi, attuale direttore della Bce, per convincersi dell'opportunità che si garantiscano «a tutti i giovani le medesime opportunità di successo nell’apprendimento, purché si adoperino per meritarlo, [che è] la chiave per innalzare insieme l’efficienza e l’equità nel campo dell’istruzione»

martedì 5 giugno 2012

Asor Rosa contro Profumo


Non si può che condividere in toto quel che scrive Alberto Asor Rosa nel suo "Elogio della scuola pubblica" del 2 giugno su La Repubblica e sottoscrivere in pieno la sua indignazione per la proposta di legge del ministro Profumo sulla presunta meritocrazia, espressa in un altro articolo apparso oggi sullo stesso quotidiano ("Che condanna essere stato il primo della classe", presumibilmente sarà on line da domani sul sito web).

domenica 3 giugno 2012

Si può essere peggio della Gelmini?


Il ministro Profumo si inchina ai mercati imternazionali finanziari (nel nome dei principi ispiratori del governo di cui fa parte) e progetta la più classista delle "riforme" della Scuola e dell'Università che mai siano state anche soltanto immaginate in Italia. L'iniquità diventa il principio della Costituzione repubblicana, sia pur travestito da pagliacciate come "lo studente dell'anno" e idiozie simili, per far finta di competere meglio a livello internazionale.
Le scuole migliori del mondo sono quelle meglio finanziate, i cui docenti sono meglio retribuiti.
Se davvero si attuassero questi provvedimenti, il declino dell'Italia sarà definitivo.
Per documentarsi:
Riforma, soldi a scuole e atenei migliori
Arriva il giorno del merito




domenica 29 aprile 2012

Italia alla deriva: chi c'è al timone?




Ecco titolo, occhiello, sommario e parte del testo (sottolineature nostre) di un articolo apparso su Repubblica.it:


SPESA PUBBLICA
Così il governo cerca di evitare la stangata Iva
Scuole, ministeri, tribunali partono i tagli anti deficit
[...]. Il ministro Piero Giarda al lavoro sulla "spending review". Solo se ci saranno maggiori risorse, potrà essere attuata la "retromarcia" sull'incremento dell'imposta sul valore aggiunto
di ROBERTO PETRINI

SCUOLA, SI RISPARMIA - Analizzato anche il comparto della scuola: il grosso della spesa (circa il 90 per cento) è destinato agli stipendi. Restano tuttavia margini per aggredire una massa di un miliardo destinata a beni e servizi: con un intervento della Consip (la società di Stato per gli acquisti) si potrebbe risparmiare il 15 per cento.



Sembra ormai evidente che questo governo di presunti tecnici ed economisti non è all'altezza della situazione. Non conoscono, infatti, le regole fondamentali dell'economia e la funzione che dovrebbe svolgere in una società. Questi pessimi governanti ed economisti improvvisati sono al servizio di una sola divinità, quella della Finanza, cioè dell'economia virtuale, ultima incarnazione del fallimentare sistema liberista. 
Gli ulteriori tagli alla scuola sono l'esatto contrario di ciò che si dovrebbe fare per ricominciare a risalire la china. Costoro si affannano disperatamente ad inseguire la crisi che essi stessi hanno prodotto e continuano ad aggravare. Non sanno dove mettere le mani e manovrano a casaccio i comandi di una nave alla deriva, che sta per affondare.





lunedì 9 aprile 2012

La ricchezza della cultura

La Repubblica, 29/11/2011 (grazie a Davide Vanicelli che l'ha pubblicata su Facebook)

venerdì 16 marzo 2012

Ripartire dalla scuola

RIPARTIRE DALLA SCUOLA Maltrattata, sotto finanziata, stigmatizzata per il suo non essere al passo con i tempi, sia nelle metodologie d’insegnamento che per i contenuti trasmessi, attaccata da più parti per il suo orizzonte laico, nazionale e pubblico, la scuola è ancora, nonostante i suoi tanti problemi, il luogo di resistenza della democrazia, in cui si forma la coscienza critica dei cittadini del futuro e si svilupperanno i modelli di comportamento del tempo che verrà.A partire dalla scuola, da una riflessione sul ruolo che è chiamata a giocare, sui suoi tanti problemi e sugli strumenti di cui è necessario dotarla perché possa adeguatamente adempiere al suo compito, si decide il futuro del paese

Agenda. Ripartire dalla scuola





Schola semper reformanda? di Angelo Gaudio
Insegnare a imparare di Marina D’Amato

Per una scuola della Costituzione di Fabio Bentivoglio


A scuola: perché? di Daniele Checchi ed Elena Meschi


Scuola e nuove tecnologie di Silvano Tagliagambe


Uno sguardo sull’istruzione in Italia di Andreas Schleicher

La presentazione del numero si terrà a Roma, lunedì 19 marzo, ore 15, presso la Sala del Refettorio, Camera dei Deputati (Via del Seminario 76). Intervengono Massimo D’Alema, Giulio Ferroni, Francesco Profumo. Modera Marta Leonori.

venerdì 2 marzo 2012

Valorizzare la professione docente




Fin dalla sua nascita Scuola Democratica sostiene che l'unica vera riforma scolastica da completare in Italia consiste nel valorizzare la professione docente innalzando i livelli retributivi connessi all'altissima responsabilità formativa che tale funzione implica.
Nel 1999 Scuola Democratica ha pubblicato un documento sull'argomento che ci sembra più che mai attuale, considerando il fatto che, come abbiamo sottolineato in numerosi post precedenti, i più autorevoli studi internazionali confermano la stretta correlazione tra retribuzione dei docenti, qualità dell'istruzione, efficacia del sistema scolastico e crescita complessiva della qualità della vita di una nazione.
Ora uno studio dell'Ocse sui dati Pisa 2009 conferma che "se i docenti sono meglio retribuiti e più motivati anche gli allievi hanno prestazioni soddisfacenti" (La Repubblica).
Chissà se l'attuale governo Monti (con il suo ministro Profumo), questo governo di "professori" che paradossalmente si sta dimostrando piuttosto insensibile ai problemi della cultura e della scuola e sembra seguire, nelle sue decisioni, teorie economiche piuttosto antiquate, screditate e sicuramente dannose, si deciderà a prendere in considerazione questi argomenti?

domenica 19 febbraio 2012

Niente cultura, niente sviluppo






Finalmente anche il quotidiano degli industriali esce allo scoperto e, nel suo inserto della Domenica, pubblica un manifesto in cinque punti, in cui "si dimostra che di cultura si può vivere e in cui si sprona il Paese a prendere iniziative per sfruttare le risorse del sapere che l'Italia possiede in abbondanza".


E' una posizione che Scuola Democratica sostiene da più di vent'anni, cercando di opporsi alla deriva virtuale e pantelevisiva che affligge il Paese e che è la causa principale del declino in cui continua a precipitare.


Auspichiamo che nella discussione che Il Sole 24 Ore intende attivare, si riconosca il ruolo decisivo che può rivestire la scuola pubblica nel riportare la conoscenza, il sapere, l'arte, al centro dei progetti di sviluppo in Italia.


Abbiamo già varie volte preso posizione per sottolineare il legame tra qualità dell'istruzione e sviluppo. Riteniamo che tornare ad investire risorse finanziarie sulla pubblica istruzione sia l'iniziativa primaria, fondamentale e irrinunciabile per un Rinascimento culturale italiano.


Abrogare la riforma del precedente governo (Tremonti-Gelmini) dovrebbe essere il primo passo, senza il quale difficilmente si possono attivare iniziative davvero concrete.

venerdì 17 febbraio 2012

Il denaro, il potere e la cultura


In un'epoca in cui il potere delle banche e della finanza sovrasta tutti gli altri poteri, ci sembra istruttivo studiare la storia di un grande banchiere italiano del passato, protagonista della rinascita degli studi umanistici, della centralità della cultura nella vita individuale e sociale, tra i padri fondatori dell'intera modernità, oggi in devastante declino.
Il confronto con i banchieri di oggi, fatte le debite proporzioni e contestualizzazioni storiche, li lasciamo all'immaginazione dei lettori.
(Il testo che segue è tratto da wikipedia).

Cosimo di Giovanni de' Medici detto il Vecchio o pater patriae (Firenze, 27 settembre 1389 – Careggi, 1º agosto 1464) è stato un politico e banchiere italiano, primo signore di fatto di Firenze e primo uomo di Stato di rilievo della famiglia Medici.

Figlio di Giovanni di Bicci e di Piccarda Bueri, fu educato da Niccolò di Pietro e Roberto de' Rossi. Sin dalla prima gioventù entrò nel Banco Medici a fianco del padre, dove ebbe una solida preparazione come banchiere.

Nel 1415 accompagnò l'Antipapa Giovanni XXIII al Concilio di Costanza. Lo stesso anno fu nominato priore e poco dopo fu usato spesso come ambasciatore. Viaggiò molto con il fratello Lorenzo durante la pestilenza di Firenze a Ferrara, Verona e Venezia (1430).

Si manifestò fin dai primi incarichi politici la sua proverbiale prudenza: sebbene i suoi interessi economici necessitassero un fermo controllo della vita politica cittadina, egli non mirava a diventare Signore della città, magari con un colpo di mano o cercando di essere eletto nei ruoli più prestigiosi di governo, ma la sua figura restava in ombra, vero burattinaio di una serie di personaggi fidati che per lui ricoprivano incarichi chiave nelle istituzioni.

Così, mentre numerose famiglie entravano nel partito mediceo, altre iniziarono a vedere in lui una minaccia e tra sottomettersi a Cosimo o sfidarlo apertamente scelsero la seconda strada. In particolare le antiche e ricchissime famiglie degli Albizzi e degli Strozzi furono a capo della fazione anti-medicea. Con un colpo di mano Palla Strozzi e Rinaldo degli Albizzi lo fecero imprigionare nel settembre 1433 riuscendo a farlo incolpare del fallimento dell'ultima campagna per la conquista di Lucca, a farlo dichiarare magnate, cioè "tiranno".

Una serie di "bustarelle" abilmente distribuite evitarono comunque condanne irrimediabili, con la conversione della pena a esilio, la cosiddetta prima cacciata dei Medici.

Scrive il Machiavelli nelle Istorie fiorentine: «Rimasa Firenze vedova d'uno tanto cittadino e tanto universalmente amato, era ciascuno sbigottito; e parimente quelli che avevano vinto e quelli che erano vinti temevano.» (Istorie fiorentine IV, 30)

Cosimo trasferitosi a Padova e a Venezia (dove lasciò al monastero benedettino di San Giorgio una collezione libraria e i disegni di Michelozzo per una nuova biblioteca) trascorse un esilio dorato come un monarca in visita ufficiale, e grazie alle sue potenti amicizie ed alle buone riserve di capitali, poté oliare certi ingranaggi della Repubblica Fiorentina per preparare il suo rientro: le istituzioni repubblicane, nel loro frenetico alternarsi, cambiarono nuovamente e questa volta Cosimo riuscì a riprendere le redini del potere facendo eleggere un governo a lui favorevole, che lo richiamò appena un anno dopo la sua partenza esiliando i suoi oppositori.

L'entrata trionfale di Cosimo, acclamato dal popolo, che preferiva i tolleranti Medici agli oligarchici e aristocratici Albizzi, segnò il primo trionfo della casata.

Dopo aver spedito gli avversari a loro volta in esilio, si affermò come arbitro assoluto della politica fiorentina, pur senza coprire direttamente cariche (fu solamente due volte gonfaloniere di giustizia).

Attraverso il controllo delle elezioni, del sistema tributario e la creazione di nuove magistrature (come il Consiglio dei Cento) assegnate ad uomini di stretta fiducia, pose le solide basi del potere della famiglia dei Medici, rimanendo comunque formalmente rispettoso delle libertà repubblicane.

Molti lo hanno definito un criptosignore, che teneva le redini dello stato dal suo Palazzo in Via Larga, dove ormai si recavano gli ambasciatori in visita per trattare degli affari che contavano, dopo un fugace saluto di circostanza ai priori di Palazzo della Signoria che, come avveniva per le altre cariche dello stato, erano scelti fra i suoi. Si comportò con generosità e moderazione ma, ravvisandone la necessità, seppe anche essere spietato. Quando Bernardo d'Anghiari, accusato di un complotto, fu, per ordine dei priori, precipitato da una torre, Cosimo commentò: "Un nemico precipitato giù da una torre non giova a granché, ma neppure può far male". Aggiungendo: "Gli stati non si governano coi paternostri". Nessuna vera e propria contestazione si ebbe più della sua influenza, esercitata con saggezza attraverso famiglie come i Pitti o i Soderini.

Nel 1439, grazie a cospicue elargizioni in denaro, riuscì a convincere Papa Eugenio IV a spostare il concilio di Ferrara a Firenze, nel quale si stava discutendo l'unione tra chiesa latina e chiesa bizantina, anche a causa della peste che minacciava Ferrara. L'arrivo dei delegati bizantini a Firenze, del papa, dell'Imperatore Giovanni VIII Paleologo, con tutta una corte di colorati e bizzarri personaggi dall'Oriente, stimolò incredibilmente la fantasia della gente comune e ancora di più degli artisti fiorentini, tanto che da allora si iniziò a parlare di Firenze come della nuova Roma. A questa pletora di letterati e prelati orientali, detentori di brandelli dell'antica cultura ellenica, corrispose una straordinaria fioritura di studi greci, con una costante presenza da allora di maestri di greco e di codici antichi nel Palazzo Medici. Di quel periodo abbiamo una vivace raffigurazione negli affreschi della Cappella dei Magi di Benozzo Gozzoli, terminati all'epoca del figlio di Cosimo, Piero il Gottoso.

Il suo monaco e scrittore della corte dei Medici, il nobile Leonardo Alberti de Candia, con lo pseudonimo di "Leonardo da Pistoia, il monaco" fu incaricato da Cosimo de' Medici di reperire per suo conto antichi manoscritti in lingua greca e latina per il territorio degli antichi stati Bizantini.
Nel 1453 durante un viaggio in Macedonia, il suo scrittore Leonardo da Pistoia (monaco) scoprì quattordici libri del Corpus Hermeticum, un testo greco di Ermete Trismegisto. L'opera scoperta da Leonardo era la copia originale appartenuta a Michele Psello, risalente all'XI secolo. Ritornato a Firenze, il monaco Leonardo da Pistoia consegnò il Corpus Hermeticum a Cosimo de' Medici che non più tardi del 1463 incaricò Marsilio Ficino di tradurre dal greco al latino.

Negli anni si ritirò in vita privata alla villa di Careggi dove morì.

Alla sua morte la Signoria fece scrivere Pater Patriae sulla lastra della sua tomba, posta simbolicamente davanti all'altare della chiesa di San Lorenzo, in un luogo che nelle basiliche cristiane era di solito riservato alle reliquie dei santi ai quali era dedicata la chiesa. Doveva anche essere sposato con una persona che probabilmente si era messa con lui da giovane soprattutto per scopi di interesse ma possiamo dire che con il passare del tempo scoccò la vera fiamma d'amore fra i due e non fu una storia infelice come quella di tanti altri grandi della storia.

In politica estera, dopo la vittoria definitiva contro i Visconti con la Battaglia di Anghiari, allontanò Firenze dall'alleanza con Venezia, i cui interessi non erano più complementari, ma anzi iniziavano ad essere combacianti, per legarla saldamente alla vecchia nemica di Milano, ora nelle mani di Francesco Sforza.

Uomo colto e mecenate, Cosimo fu tra i primi signori ad esercitare la magnificenza nelle arti e nell'architettura. Cosimo si circondò di letterati e umanisti, raccolse libri rari e fece costruire a Firenze il Palazzo Medici e il Convento di San Marco a Michelozzo. Solo per la costruzione del convento domenicano Cosimo mise a disposizione la somma astronomica di 85.000 fiorini d'oro. Qui sistemò una parte della sua collezione di libri rari e la dotò della prima biblioteca pubblica di Firenze. Inoltre portò avanti i lavori a San Lorenzo, iniziati dal padre e progettati da Filippo Brunelleschi.

Anche il mecenatismo fu un'arma nelle mani di Cosimo, intesa come fine investimento propagandistico: con la sua benevolenza a artisti e poeti, obbligava la città a parlare con ammirazione di lui, si creava un sistema di debiti morali e e di riconoscenza, che in politica contavano quanto quelli monetari. La sua straordinaria saggezza fu quella di non far dissociare mai il suo nome da quello di Firenze: così nessuno avrebbe pensato con invidia alla sua ricchezza, ma vista sempre in un'ottica di benevolenza verso il bene comune della città.

Amò la vita di campagna, e in Mugello fece lavorare il suo architetto Michelozzo per ristrutturare le ville di famiglia del Trebbio, di Cafaggiolo, oltre alla chiesa del Bosco ai Frati. A Careggi fece pure costruire la villa dove si svolse gran parte della sua vita familiare.
Fu anche amico e benefattore di numerosi artisti, tra i quali Beato Angelico, Donatello, Filippo Lippi, Paolo Uccello.
Fu molto legato a Marsilio Ficino, con il quale rifondò l'Accademia Neoplatonica, luogo ideale per il ritrovo degli umanisti, che potevano scambiarsi le varie teorie filosofiche. A Ficino arrivò a lasciare una casa a Firenze e una villa nei pressi di Careggi.

venerdì 10 febbraio 2012

Obama-Monti: un confronto impietoso

Forse non è un caso che l'unico capo di Stato e di governo che si ispira a Keynes, anche se timidamente, cioè Barack Obama, abbia capito anche la necessità di investire massicce risorse finanziarie nell'istruzione e di aumentare le retribuzioni dei professori (vedi Repubblica).
Si può forse discutere sulla volontà di produrre una nuova rivoluzione scientifica (un Rinascimento scientifico), puntando soprattutto su materie come matematica, chimica, biologia, ecc.
Noi siamo convinti che quel che serve oggi sia soprattutto un Rinascimento umanistico, ma non si può non approvare questa decisa svolta nella politica scolastica, in netta controtendenza rispetto all'Europa dell'Unione e, soprattutto all'Italia.


Infatti Monti, se ha studiato Keynes, se lo è dimenticato del tutto, con le sue politiche recessive, con le sue psuedo-liberalizzazioni dell'offerta in una crisi della domanda. E' vero che la fase neo-liberista l'Italia l'ha interpretata come privatizzazione dello Stato e quindi è rimasta indietro di 30/40 anni rispetto al resto del mondo occidentale, ma a questo punto quella fase sarebbe meglio saltarla e riscoprire in fretta il ruolo dello Stato.


Comunque, per tornare al tema, il professor Monti la parola scuola forse non l'ha mai pronunciata e la politica del suo governo, in quanto ad investimenti sulla pubblica istruzione, sta facendo peggio di tutti quelli precedenti, che pure eran riusciti a distruggerla quasi completamente.


Un confronto davvero impietoso tra chi cerca di andare avanti, come fa un capo di Stato di una nuova generazione, con idee innovative e propositi di potenziamento del servizio pubblico (con il sostegno dei privati) e chi è rimasto indietro, come un capo di governo della generazione che ha portato l'Italia sull'orlo del baratro e ora dovrebbe risollevarla con idee stantie, con le armi del ricatto sociale, della riduzione dei diritti e della tassazione dei ceto meno abbienti.


Ma chi si farebbe curare da chi gli ha trasmesso la malattia?

Profumo peggio della Gelmini




Dopo le devastanti politiche per la distruzione della scuola pubblica intraprese da Tremonti e dalla Gelmini con il precedente governo (legge 133/2008), questo governo sembra ignorare sia le dottrine economiche keynesiane (le uniche che permetterebbero di uscire dal disastro dopo 40 anni di neoliberismo reaganiano, tatcheriano e craxo-berlusconiano alla Milton Friedman) sia gli studi internazionali che collegano direttamente investimenti sulla pubblica istruzione a benefici in termini economici diffusi.

E così, dimostrando un'indifferenza assoluta per i problemi dell''istruzione, della formazione e della ricerca (senza istruzione pubblica e senza fondi pubblici è impossibile fare ricerca vera, non sottomessa a logiche di profitto) riducono ulteriormente i fondi per l'offerta formativa: soltanto 11 milioni di euro per i 10.000 istituti e una media inferiore a un'euro e mezzo ad alunno. Dal 2000 il fondo diminuisce così del 93%!

L'articolo 34 della Costituizone repubblicana è ormai di fatto pura ideologia (propaganda demagogica di una realtà in cui i diritti previsti dai Padri Costituenti sono totalmente calpestati).

Questo governo tecnico di professori forse non ha studiato abbastanza.

giovedì 9 febbraio 2012

La scuola dello Stato non è più pubblica



Una recente inchiesta di Repubblica mette in luce la tragica realtà della scuola pubblica italiana che, ormai, per poter funzionare, deve chiedere contributi "volontari" alle famiglie degli studenti, che in alcuni casi arrivano a coprire quasi l'80% del budget complessivo degli istituti.

Insieme all'incapacità di far funzionare le ferrovie (di cui si servono molti professori e studenti per raggiungere, in ritardo, la scuola di lavoro e di studio), il declino inarrestabile dell'istruzione pubblica e la violazione ormai sistematica del diritto allo studio non è soltanto la metafora perfetta del disastro italiano, è anche una violazione di fatto della Costituzione.

L'Italia verso l'abisso

martedì 3 gennaio 2012

Istruzione e sviluppo economico: dove va l'Italia?




I più accreditati studi internazionali dicono che:
1) Tra tutti i fattori di sviluppo economico, la crescita del livello dell’istruzione ha un "peso determinante", tanto da influire per il 75%.
2) La crescita del livello di conoscenze, competenze e capacità dipende da:
a) la quantità dell'istruzione;
b) il potenziamento degli insegnamenti di carattere generale (con cui si "impara ad imparare") ;
c) la valorizzazione della professione docente con retribuzioni adeguate all'alta responsabilità formativa dei professori.
La controriforma Tremonti-Gelmini della scuola pubblica ha:
- tagliato le risorse per 8 miliardi di euro;
- ridotto le ore di insegnamento in tutti gli indirizzi di studio;
- eliminato o molto ridimensionato le ore di materie come storia dell'arte, latino, diritto, filosofia (materie con cui si "impara ad imparare");
- eliminato 90000 docenti e bloccato lo stipendio dei superstiti (che si riduce nel tempo, non rinnovando contratti e non riconoscendo scatti progressivi).
Sembra chiaro che tutti questi interventi incideranno negativamente sullo sviluppo economico del Paese, penalizzando occupazione, lavoro, distribuzione della ricchezza, e generando povertà crescente della maggioranza (ma ricchezza crescente per una piccola minoranza).
Il nuovo governo non ha minimamente preso in considerazione questi problemi.
Dove sono finite le forze politiche che consideravano disastrosa la controriforma della scuola?
Credono davvero che si esca dalla crisi economico-finanziaria affidandosi a degli economisti e finanzieri? (incompetenti tra l'altro: capaci soltanto di tassare qualunque cosa e di tagliare risorse ai settori veramente fondamentali: non hanno studiato Keynes?)
Credono davvero che il Paese possa imboccare la strada dello sviluppo economico mantenendo in vigore la Tremonti-Gelmini?
Se lo credono davvero, si sbagliano e ciò significa che non sono in grado di svolgere la loro funzione politica. Se non lo credono, perché non si danno da fare per invertire la tendenza?
Se non si abroga la controriforma l'Italia va verso il degrado e il sottosviluppo. Bisogna agire in fretta, perchè si tratta di investimenti che daranno frutti su tempi medio-lunghi, ma se non si comincia mai, si rincorre sempre l'emergenza, senza mai raggiungerla.