mercoledì 9 ottobre 2013

Italiani analfabeti (scuola e televisione)

Nel 1995, Scuola Democratica, non ancora blog, su mezzi di comunicazione tradizionali scriveva: «La nuova classe dirigente deve agire in fretta se vuole ricondurre l’Italia nel novero dei paesi civili e democratici: investire nella scuola ingenti risorse finanziarie; valorizzare le risorse umane e professionali che già esistono, riconoscendole con adeguate retribuzioni e opportuni incentivi; potenziare e diversificare le offerte formative, trasformando tutti gli istituti scolastici in luoghi accoglienti e in centri di crescita umana, personale e sociale. […] Non ci sono vie di mezzo: l’alternativa è il sottosviluppo, il degrado, l’umiliante impoverimento culturale che l’omologazione pantelevisiva rappresenta». A quasi vent'anni di distanza i risultati di quella facile profezia sono certificati dagli ultimi dati dell'Indagine PIAAC (Programme for the international assessment of adult competencies) dell'Ocse che vede gli italiani, dopo 30 anni di strapotere della sottocultura televisiva commerciale monopolistica, che ha invaso (per note ragioni politico-economiche) anche il servizio pubblico, plasmandolo a propria immagine e somiglianza, all'ultimo posto su 24 Paesi nelle competenze di comprensione di testi complessi (la "literacy proficiency"), di interpretazioni di grafici, tabelle e dati numerici (la "numeracy proficiency"). Inoltre si trovano in difficoltà anche nell'utilizzo delle nuove tecnologie digitali. L’approvazione della legge 112/2004 “Norme di principio in materia di assetto del sistema radiotelevisivo e della RAI - Radiotelevisione italiana S.p.A., nonché delega al Governo per l'emanazione del testo unico della radiotelevisione”, la cosiddetta legge Gasparri, ha istituito il Sistema integrato delle Comunicazioni, legalizzando il monopolio televisivo privato. La legge n. 169/2008 che ha riordinato tutto il sistema scolastico (cosiddetta riforma Gelmini), con il supporto finanziario dell'art. 64 della legge 133/2008 (cosiddetta legge Tremonti), hanno ridotto le risorse per la scuola pubblica di 8 miliardi, aumentando il numero di studenti per classe, sopprimendo 90.000 cattedre, abolendo o riducendo alcune materie. L'interazione di queste vere e proprie controriforme ha certo molto contribuito ad aumentare la tendenza all'analfabetismo di ritorno degli italiani, che non a caso sono in testa anche al consumo di televisione, con tendenza all'aumento, proprio mentre stanno molto meno a scuola, per non dire dei cosiddetti Neet, che né studiano né lavorano.

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