mercoledì 12 settembre 2012

La deriva culturale ed economica dell'Italia


La deriva culturale ed economica dell'Italia non si arresta ed è destinata a peggiorare, poiché le politiche del governo cosiddetto tecnico sono depressive ed autolesioniste sia sul piano politico che su quello strettamente economico. Modestamente stiamo cercando da tempo di fare i castigatori delle idee sbagliate, come dice di sé il docente di Princeton Paul Krugman (nella foto), uno dei più grandi economisti di oggi, candidato, per fortuna, se Obama dovesse esser rieletto, a guidare la politica economica USA in futuro.
Krugman è, come umilmente cerchiamo di essere anche noi dall'inizio della nostra attività, un keynesiano convinto, fautore di un altro New Deal, che comporti, tra l'altro, grandi investimenti nell'istruzione e l'assunzione di insegnanti. 
Purtroppo il nostro governo, paradossalmente sostenuto da partiti che hanno idee opposte, si muove in direzione contraria e, dimostrando di essere totalmente incompetente anche sul piano tecnico, ignora l'insegnamento della storia degli ultimi cent'anni e corre dietro alla crisi, facendola andare ancora più veloce, sicché, come Achille, non raggiungerà mai la tartaruga.
Le cifre dell'OCSE confermano che l'Italia sta precipitando sempre più in basso: trentunesima su 32 Paesi negli investimenti sull'istruzione, paga i più bassi stupendi del mondo agli insegnanti, ha una percentuale di laureati che è la metà della media Ocse (15% contro 31%) e il maggior numero di giovani che non studiano né lavorano.
Una situazione tragica che l'attuale governo intende ulteriormente peggiorare con la revisione della spesa pubblica, manovra finanziaria mascherata, e con la totale assenza di investimenti nei settori che producono sviluppo, come appunto l'istruzione e la formazione.
Per documentarsi si possono leggere su Repubblica.it:

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