La Sera di Parma ha interrotto le pubblicazioni, speriamo temporaneamente.
La rubrica del giovedì "La scuola vista dalla luna" proseguirà su questo blog.
Questo è l'articolo che sarebbe stato pubblicato domani. Era già pronto da domenica, quando è uscito l'ultimo numero del quotidiano.
Il governo del fare
Gli studi internazionali più accreditati sul legame tra il livello di istruzione e lo sviluppo complessivo, anche economico, di una nazione dicono che sono fondamentali sia la quantità che la qualità dell’insegnamento. In particolare, per quanto riguarda questo secondo aspetto, l’incidenza maggiore, nelle società cosiddette avanzate, è data dall’istruzione di carattere generale, molto più che da quella specifica e professionale. È dimostrato da studi Ocse molto accurati che è sbagliato pensare all’istruzione «in termini grettamente strumentali, come ad una serie di utili competenze capaci di produrre un vantaggio a breve termine» (Martha Nussbaum, Università di Chicago). Occorre invece valorizzare soprattutto le scuole superiori di carattere liceale, dove si «impara ad imparare» e si crea una mente aperta e flessibile, capace di interpretare situazioni e problemi in trasformazione.
Ma l’elemento più decisivo sta nel ruolo dell’insegnante, da cui dipende in misura altamente significativa la qualità dell’apprendimento. Per garantire la profesionalità dei docenti si tende ad «imporre loro standard oggettivamente più impegnativi, [ma] i risultati di questa ed altre ricerche fanno sorgere seri dubbi sull'efficacia di misure quali certificazioni obbligatorie, master e cose simili. Piuttosto, le differenze sostanziali nella qualità di insegnanti con background comune mettono in luce la necessità di prospettare più stretti legami fra rendimenti e ricompense» (Eric A. Hanushek, Università di Stanford).
Se ne deduce, insomma, che il futuro di un Paese, che dipende per il 75% dal livello di scolarizzazione (fonte Ocse), è connesso in particolare al potenziamento degli insegnamenti di carattere generale e alla valorizzazione della professione docente, anche e soprattutto in termini di retribuzioni adeguate.
Il governo italiano sembra voler ignorare in modo sistematico tutte queste indicazioni. La recente «controriforma» della scuola superiore ridimensiona non soltanto la quantità dell’offerta formativa, riducendo le ore di lezione in tutti gli indirizzi, ma soprattutto limita fortemente l’importanza di materie come il diritto, la geografia, la storia dell’arte e la filosofia, le materie con cui s’impara ad imparare, alle quali sottrae ore in molti corsi di studio.
Quanto alle retribuzioni dei docenti, sono inferiori del 25% a quelle della media Ocse e di oltre il 40% a quelle dei Paesi più avanzati. Dal 2001 al 2010 le risorse per la scuola pubblica sono diminuite costantemente, dell’80% quelle finalizzate al funzionamento degli istituti, del 50% gli investimenti per l’autonomia, del 75% quelle riservate alle supplenze e all’aggiornamento dei professori (dati di fonte Ocse).
Una popolazione con un più elevato livello di educazione è anche più propensa ad avere un governo più onesto ed efficiente. Lasciamo da parte per ora l’onestà, ma questo non era il governo del fare, il governo dell’efficienza?
Ma l’elemento più decisivo sta nel ruolo dell’insegnante, da cui dipende in misura altamente significativa la qualità dell’apprendimento. Per garantire la profesionalità dei docenti si tende ad «imporre loro standard oggettivamente più impegnativi, [ma] i risultati di questa ed altre ricerche fanno sorgere seri dubbi sull'efficacia di misure quali certificazioni obbligatorie, master e cose simili. Piuttosto, le differenze sostanziali nella qualità di insegnanti con background comune mettono in luce la necessità di prospettare più stretti legami fra rendimenti e ricompense» (Eric A. Hanushek, Università di Stanford).
Se ne deduce, insomma, che il futuro di un Paese, che dipende per il 75% dal livello di scolarizzazione (fonte Ocse), è connesso in particolare al potenziamento degli insegnamenti di carattere generale e alla valorizzazione della professione docente, anche e soprattutto in termini di retribuzioni adeguate.
Il governo italiano sembra voler ignorare in modo sistematico tutte queste indicazioni. La recente «controriforma» della scuola superiore ridimensiona non soltanto la quantità dell’offerta formativa, riducendo le ore di lezione in tutti gli indirizzi, ma soprattutto limita fortemente l’importanza di materie come il diritto, la geografia, la storia dell’arte e la filosofia, le materie con cui s’impara ad imparare, alle quali sottrae ore in molti corsi di studio.
Quanto alle retribuzioni dei docenti, sono inferiori del 25% a quelle della media Ocse e di oltre il 40% a quelle dei Paesi più avanzati. Dal 2001 al 2010 le risorse per la scuola pubblica sono diminuite costantemente, dell’80% quelle finalizzate al funzionamento degli istituti, del 50% gli investimenti per l’autonomia, del 75% quelle riservate alle supplenze e all’aggiornamento dei professori (dati di fonte Ocse).
Una popolazione con un più elevato livello di educazione è anche più propensa ad avere un governo più onesto ed efficiente. Lasciamo da parte per ora l’onestà, ma questo non era il governo del fare, il governo dell’efficienza?
Angelo Conforti
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